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mercoledì 2 luglio 2025

La fede nell’era degli algoritmi!


 Cari lettori,

Perché l’intelligenza artificiale non può sostituire la coscienza umana – e cosa ci serve sapere (anche legalmente)

L’intelligenza artificiale (IA), in particolare quella generativa, è una delle tecnologie più rivoluzionarie e potenti del nostro tempo. Ma proprio per questo, è anche una delle più insidiose.

Negli ultimi mesi, milioni di persone nel mondo hanno interagito con modelli linguistici avanzati come se fossero entità senzienti, capaci di offrire conforto, guida o comprensione.
Alcuni parlano di “relazioni empatiche” con l’IA. Altri la consultano come se fosse un oracolo o un confessore.

Ma attenzione: si tratta di illusioni sofisticate, prodotte da algoritmi addestrati per riconoscere e generare sequenze linguistiche coerenti.

Questi modelli non comprendono realmente ciò che “dicono”.
Non c’è coscienza. Non c’è intenzione.
C’è solo statistica applicata a testi umani: saggi, romanzi, scritti filosofici e spirituali, dialoghi quotidiani.

Il rischio? La fede cieca nell’algoritmo

L’IA non è neutrale.
È addestrata, configurata e ottimizzata secondo criteri definiti da esseri umani.
E in questo schema, il rischio più grave è che – simulando il senso – la macchina sostituisca il principio di realtà.

Quando l’utente proietta nell’IA un’intelligenza o un’intenzione che non esiste, la falsificazione diventa verosimiglianza.
E la verosimiglianza diventa dominio culturale.

Le implicazioni legali (già attuali)

  • Responsabilità dei contenuti generati: chi è legalmente responsabile se un contenuto prodotto da IA diffama, disinforma o plagia?

  • Diritto d’autore: i modelli generano testi sulla base di materiale preesistente. I contenuti creati sono davvero originali?

  • Manipolazione cognitiva: cosa accade se l’IA genera contenuti emotivamente condizionanti? È solo comunicazione? O diventa persuasione occulta?

  • Dati sensibili e bias: l’interazione con i modelli linguistici può far emergere informazioni sensibili non intenzionali. Chi le conserva? Chi le analizza?

Cosa serve adesso?

Serve alfabetizzazione digitale consapevole, ma anche:

  • nuove normative sull’uso dell’IA in ambito educativo e relazionale;

  • linee guida etiche sull’attribuzione di umanità agli algoritmi;

  • strumenti legali contro l’uso ingannevole o improprio dei contenuti generati;

  • e soprattutto: formazione alla lucidità critica per adulti, educatori e minori.

L’intelligenza artificiale può essere uno strumento straordinario.
Ma non dobbiamo delegarle ciò che ci rende umani: il pensiero critico, la coscienza, il dubbio, il senso del limite.

Non possiamo permetterci di affidare la verità, l’informazione e la relazione a un calcolo.
Serve cultura. Serve vigilanza. Serve coraggio.

Perché la libertà, anche digitale, non è mai automatica.
È sempre una scelta.

Articolo a cura di Antonio Luigi Cutolo co-fondatore di #iostaccolaspina

A presto 

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