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mercoledì 24 settembre 2025

E ora, chi mi aiuta? Quando il bullismo bussa al telefono: dal dolore alla forza, perché nessuno resti solo!


Cari lettori,

Qualche tempo fa mi è capitato un episodio che mi ha profondamente colpita e fatta riflettere.
Tutto è iniziato in modo innocente, come accade spesso: un gruppo di ragazzi che crea una chat per restare in contatto, scambiarsi compiti, battute e informazioni. Un piccolo spazio digitale per sentirsi parte di qualcosa.

Ma dietro quella leggerezza apparente si nascondeva un lato oscuro.
Nel giro di poche ore, quello che doveva essere un luogo di condivisione si è trasformato in un vortice di volgarità, insulti e contenuti inappropriati. Ragazzi giovanissimi che, forse senza nemmeno rendersene conto, superavano ogni limite, spinti dal bisogno di appartenenza e dall’illusione dell’anonimato.

Ho deciso di intervenire, da adulta, con calma ma con fermezza.
Ho ricordato che anche dietro uno schermo esistono regole, rispetto e responsabilità. Che la libertà digitale non è un campo senza confini, ma uno spazio che va abitato con consapevolezza.

Per un attimo ho pensato che il messaggio fosse stato recepito.
Poi sono arrivati gli insulti personali, le prese in giro, le chiamate anonime.
E ho provato sulla mia pelle quella sensazione di impotenza e isolamento che spesso vivono i nostri figli.

Non mi vergogno a dire che ho vacillato. Ho sentito dentro di me un groviglio di emozioni: rabbia, paura, smarrimento. E mi sono chiesta — se io, che sono un’adulta, mi sento così, cosa può provare un ragazzo fragile e solo?

La domanda che mi ha attraversata e che mi ha ferito più di tutte è stata:

“E ora, chi chiamo?”

Io una risposta ce l’avevo: la mia rete, la mia famiglia, la mia esperienza.
Ma quanti adolescenti non hanno nessuno da chiamare? Quanti affrontano tutto in silenzio, schiacciati dal giudizio, dall’indifferenza o dal disinteresse degli adulti?

Il bullismo digitale non è una ragazzata. È una ferita invisibile che si apre ogni volta che un messaggio, una foto o una parola diventa un’arma. Una ferita che si allarga nel silenzio e che può distruggere la fiducia di un ragazzo nel mondo.

Questa esperienza mi ha segnata, ma non mi ha piegata.
Anzi, ha rafforzato la mia missione con IoStaccoLaSpina APS: creare un luogo sicuro, una rete di ascolto e sostegno, un punto di riferimento per chi si sente solo di fronte a un telefono che fa male.

Non possiamo lasciare i nostri figli soli in questo abisso.
Dobbiamo esserci, con presenza, empatia e responsabilità.
Perché la tecnologia ha un potere immenso — ma anche il nostro ruolo di adulti lo è.

Una promessa ai ragazzi (e ai genitori)

Questa non è solo la mia storia: è la storia di tante famiglie e di tanti ragazzi che ogni giorno affrontano in silenzio un dolore che non sanno nominare.

E allora voglio che resti scritto, nero su bianco:
la prossima volta che qualcuno si chiederà “E ora, chi chiamo?”,
la risposta dovrà essere chiara, semplice, immediata:

👉 Chiama Letizia di IoStaccoLaSpina: +39 380.1326094

Perché nessun cuore — giovane o adulto — deve sentirsi più solo davanti a un telefono che ferisce.

A presto.

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