martedì 27 febbraio 2024

Vivere senza smartphone: Una rivoluzione giovanile da Brooklyn alla nostra quotidianità

 



Vivere senza smartphone: Una rivoluzione giovanile da Brooklyn alla nostra quotidianità.

Cari lettori,

Un tempo, i giornali parlavano di una storia americana che faceva scalpore. Un gruppo di adolescenti di Brooklyn aveva preso una decisione audace: vivere senza smartphone. Senza social, senza videochiamate, solo vecchie telefonate e qualche sporadico sms. Ragazzi di 13 o 14 anni che si davano appuntamento fisso in un parco cittadino, senza conferme via chat, per condividere esperienze reali: leggere, giocare a pallone, chiacchierare. Logan, una ragazza di quel gruppo, aveva confessato in un'intervista qualcosa di sconvolgente: «Non sapevo più distinguere tra le cose che facevo perché mi piacevano da quelle fatte solo per postare foto su Instagram».

Questa storia, raccontata anni fa, dovrebbe tornare alla ribalta in occasione della "Giornata mondiale per la sicurezza in Rete" (Safer Internet Day 2024), promossa dall’Unione Europea per promuovere un uso più consapevole degli strumenti digitali, specialmente tra i più giovani. Dovrebbe essere ricordata soprattutto da noi, dove l'uso smodato di internet e degli smartphone è all'ordine del giorno. In Italia, secondo dati di Save The Children, il 79,7% dei bambini e degli adolescenti tra i 6 e i 17 anni utilizza internet quotidianamente, soprattutto tramite smartphone. Questo rapporto con la tecnologia ha conseguenze, come l'aumento del cyberbullismo (16,2% degli adolescenti vittime) e dei casi di sovrappeso o obesità (31,6%).

Ma la tentazione di demonizzare la gioventù o di idealizzare il passato è troppo semplice. La vera questione riguarda anche gli adulti, che spesso sono vittime e complici di questa dipendenza digitale. Dobbiamo chiederci se sia giusto scaricare la responsabilità sui ragazzi anziché educare noi stessi a un uso equilibrato della tecnologia. Le competenze per gestire gli strumenti digitali devono possederle i ragazzi o gli adulti che ne sono responsabili?

La soluzione non è bandire gli smartphone, come a volte si propone in modo impulsivo. Le rivoluzioni digitali non si governano con divieti, ma con educazione e consapevolezza. Bisogna educare i ragazzi a un uso responsabile della tecnologia, insegnando loro a distinguere tra il mondo digitale e quello reale, senza demonizzare né idealizzare nessuno dei due.

In conclusione, la storia dei ragazzi di Brooklyn dovrebbe essere un monito per tutti noi: è possibile vivere una vita più autentica, anche nell'era digitale. Dobbiamo solo trovare il giusto equilibrio, senza rinunciare alle meraviglie della tecnologia ma senza perdere di vista le gioie della vita offline.

A presto!


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