lunedì 23 giugno 2025

"Millennial e dopamina: come siamo arrivati fin qui (e come possiamo uscirne)"

 


Cari lettori,

Negli ultimi anni abbiamo spesso sentito dire che i Millennial sono una generazione fragile, insoddisfatta, iperconnessa e apparentemente allergica alla frustrazione. Ma qual è la radice di questo disagio diffuso? Cosa ci dice davvero la scienza del comportamento su come siamo cresciuti — e su come stiamo crescendo i nostri figli?

Molti dei Millennial hanno vissuto un’infanzia segnata da una narrazione profondamente fuorviante: “Sei speciale”, “puoi ottenere tutto ciò che desideri”, “meriti il meglio solo per il fatto di esserci”. Non sono mancate scorciatoie educative — come entrare in classi avanzate non per merito, ma per pressioni dei genitori — che hanno creato aspettative irrealistiche sul mondo reale.

Il risultato? Una generazione che ha faticato a sviluppare la capacità di affrontare la frustrazione, la fatica, l'attesa. E quando la realtà non corrisponde più all’illusione, l’identità va in frantumi. In quel momento delicato, e spesso invisibile, subentra il rifugio digitale: i social network.

Instagram, TikTok, le notifiche, i like. Una pioggia di dopamina a portata di mano. Un antidoto immediato alla solitudine, all’insicurezza, all’ansia da prestazione. Ma anche una trappola. La stessa dopamina che ci dà una sensazione di benessere temporaneo è alla base delle dipendenze da fumo, alcol, gioco d’azzardo.

La dipendenza da smartphone e social non è solo un’abitudine: è una risposta chimica. E a differenza delle generazioni precedenti, i Millennial hanno avuto accesso a questa "droga" fin dall’adolescenza — la fase in cui il bisogno di approvazione si sposta dai genitori ai pari.

Ed è proprio qui che si innesta il problema: la gratificazione immediata ha sostituito la costruzione lenta delle relazioni, l’identità si è legata all’immagine e non all’essere. In questo contesto, molti giovani oggi non sanno più come instaurare relazioni profonde e autentiche.

Poi li mettiamo nel mondo del lavoro, dove si richiedono performance, velocità e risultati istantanei. Dove c’è poco spazio per l’errore, per il tempo, per l’ascolto. Dove il valore umano viene spesso messo in secondo piano rispetto ai KPI.

I Millennial non sono "sbagliati". Sono il prodotto di un sistema che ha illuso, protetto, accelerato. Ma il tempo della realtà è arrivato, e la nostra responsabilità è enorme.

Come possiamo rimediare? Iniziando a:

  • Educare alla frustrazione e al tempo della semina.

  • Valorizzare le relazioni autentiche, offline.

  • Offrire spazi (familiari, educativi e professionali) in cui sia possibile sbagliare, crescere e ricominciare.

  • Mettere in discussione la cultura della performance a tutti i costi.

Serve coraggio, presenza e consapevolezza. Perché se è vero che tutti abbiamo una parte di responsabilità, è altrettanto vero che tutti possiamo diventare parte della soluzione.

Post a cura di Antonio Luigi Cutolo co-fiondatore #iostaccolaspina

A presto!

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